L’OLIO É IL FUTURO CHE FA DA CONDUTTORE
IL PROGETTO
TRAPPETO SAN FELICE è un progetto giovane di valorizzazione della memoria, nel Comune di Presenzano, vicino Venafro.
Una sfida generazionale che lega l’entusiasmo alla nuda pietra, grazie all’amore per il buono, per il bello e alla volontà di dare nuova linfa
all’impegno di chi ci ha preceduto. Una riscoperta della tradizione nel suo incessante movimento in divenire.
Comune di Presenzano
Un’area celebre nell’antichità per la produzione di olio d’oliva e di trappeti, maestosi torchi in pietra calcarea per la molitura delle olive. La cava più famosa era a Taverna San Felice.
TRAPPETO SAN FELICE è un progetto giovane di valorizzazione della memoria, nel Comune di Presenzano, vicino Venafro. È un progetto identitario, che proietta la memoria di questi luoghi nel contemporaneo.
Già Marco Porcio Catone, detto il Censore, tra i luoghi campani di produzione artigianale dell’olio, cita, assieme a Pompei e Nola, Rufri maceria ovvero Presenzano, per la presenza di frantoi. Una notizia che attesta la presenza e lo sfruttamento sistematico di cave, presumibilmente di calcare, stando ai resti ancora visibili di trappeti. La più importante era la cava di Taverna San Felice, attiva ancora oggi.
Il trapetum serviva a schiacciare le olive nella fase iniziale, così da separare il nocciolo (nucleus) e il liquido amaro (murca) dalla polpa (sampsa: lavorata a parte mediante il torcularium). Una lavorazione gentile: per evitare danni alle olive e la conseguente distruzione del nucleus, le mole erano fissate “leggermente”.
Il trapetum è menzionato da Virgilio nelle Georgiche (II, 519), teritur
Sicyonia baca trapetis: cioè, “le olive di Sicione sono schiacciate nei
torchi”.
La premitura delle olive “di Sicione” (città presso Corinto)
rientra tra le attività dell’agricola virgiliano nella sua campagna,
scandite dal ritmo delle stagioni.
La stessa Venafro, a pochi
chilometri da Presenzano, vanta in epoca romana una florida economia
legata agli olivi e all’olio, partita secondo la leggenda nel IV secolo
a.C. da Marco Licinio, sannita di origine e cittadino di Venafro (dal
quale prende il nome botanico l'oliva liciniana). E della fecondità del
suolo e della fama dell'olio venafrano ci dà testimonianza anche
Marziale.
La maggior parte degli uliveti sorge sulle pendici del
monte Santa Croce, a circa 400 metri sul livello del mare nel Parco
Regionale Storico Agricolo dell’Olivo di Venafro.
I trappeti, non
solo conservano i segni della forte, paziente e abile mano dell’uomo,
ma posseggono una spazialità che è propria degli edifici religiosi,
arcana e solenne, fatta di penombre e di silenzio.
Sono spazi che
oscuramente familiari, che invitano a penetrarli e riviverli: costruiti
dai padri, pensando al futuro delle generazioni a venire.